D.P.C.M. 22 marzo 2020 – Ulteriori indicazioni in merito alla sospensione delle attività lavorative
Circolari Lavoro e previdenzaRiprendiamo in esame quanto disposto dal D.P.C.M. 22 marzo 2020 in merito alla sospensione delle attività produttive fino alla data del 3 aprile 2020, per fornire ulteriori indicazioni rispetto a quanto già precedentemente riportato nelle nostre precedenti circolari sul punto.
Nel ricordare che le attività produttive, ad esclusione di quelle elencate nell’allegato 1 al sopraccitato D.P.C.M., sono sospese a far data dal 23 marzo e fino al 3 aprile, ricordiamo che oggi è l’ultimo giorno stabilito dal Decreto stesso per completare le attività necessarie alla sospensione.
Inoltre, in relazione a diversi quesiti posti dalle aziende e a seguito degli opportuni approfondimenti svolti in sede nazionale, precisiamo quanto segue.
La sospensione delle attività produttive comporta anche la chiusura degli uffici. Ne consegue pertanto che, qualora l’attività aziendale prosegua per l’esecuzione di lavori, perché relativi ad esempio ad attività in codice ATECO 42 che, ricordiamo, rientra tra le attività elencate nell’allegato 1 al D.P.C.M. 22 marzo 2020 e quindi non è un’attività sospesa, può proseguire anche l’attività d’ufficio “funzionale” all’esecuzione dell’attività di cantiere ammessa. Ne consegue che, qualora l’impresa non abbia cantieri aperti riferibili a dette attività consentite, ovvero pur avendoli abbia ritenuto di sospendere volontariamente anche le suddette attività, non è consentita l’apertura degli uffici, e ciò anche se nel certificato del Registro delle imprese è indicato il codice ATECO di un’attività consentita.
Le attività sospese, ricordiamo, possono peraltro proseguire se organizzate in modalità a distanza o lavoro agile.
Peraltro, secondo un’interpretazione fornita da Confindustria nazionale, per le imprese che non proseguono le attività e per le attività di backoffice non effettuabili in remoto, “ferma restando la sospensione dell’attività di produzione e la chiusura degli uffici, appare ragionevole ritenere che, in circostanze eccezionali e solo al fine di eseguire attività fondamentali, indifferibili e inderogabili (es. pagamento stipendi, pagamenti fornitori, acquisizione di documentazione indispensabile), sia compatibile con la ratio del DPCM l’accesso ai locali dell’impresa, limitando il più possibile il numero del personale in presenza e assicurando il rispetto delle misure precauzionali adottate.
Al fine di agevolare lo spostamento del personale verso e dai luoghi di lavoro, si suggerisce al datore di lavoro di rilasciare una dichiarazione attestante la necessità della presenza del lavoratore nei locali aziendali”. Si noti che, in questo caso, potrebbe essere necessario dimostrare che tali attività non possono essere eseguite in remoto.
L’accesso ai locali d’impresa, nel periodo di sospensione, rimane consentivo ai soggetti, anche “terzi” che svolgono attività di manutenzione, vigilanza, pulizia e disinfestazione.
Per quanto riguarda il riferimento ai codici ATECO elencati nell’allegato 1 al citato DPCM, secondo l’ANCE tale classificazione ha la funzione di indicare la descrizione delle attività consentite da un punto di vista oggettivo, più che riferirsi alla tipologia del soggetto che le esercita. In altri termini, i codici ATECO indicati nel Decreto non sono da riferire all’iscrizione alla Camera di Commercio dell’impresa, in quanto questa potrebbe svolgere più attività e, secondo la giurisprudenza, il codice ATECO neppure esaurirebbe di per sé tutte le attività svolte dall’impresa (1).
La funzione dei suddetti codici è prevalentemente statistica, in quanto finalizzata ad indicare l’attività nella domanda di iscrizione nel Registro delle imprese, senza alcun rilievo sulla connotazione dell’attività effettivamente svolta in via prevalente o accessoria (2). E’ quindi possibile che un’impresa sia qualificata SOA per eseguire lavori in categorie non corrispondenti al codice ATECO di iscrizione iniziale; in tal senso si è espressa anche l’ANAC in un parere di precontenzioso (3).
Ne consegue che, per verificare se una determinata attività è consentita o è stata sospesa dal D.P.C.M. 22 marzo 2020, occorre fare riferimento non tanto al codice ATECO riportato nel certificato del Registro delle Imprese, ma all’oggetto del contratto d’appalto, in relazione al complesso delle prestazioni in esso previste che deve essere riferibile ad uno dei codici ATECO delle attività consentite. Ciò, indipendentemente dalla tipologia del soggetto che esegue l’appalto, sia che essa sia un’impresa singola, un Raggruppamento temporaneo di imprese o un Consorzio.
Nel riservarci di intervenire ulteriormente sulla materia, anche in considerazione della continua evoluzione anche degli atti governativi, porgiamo con l’occasione i nostri migliori saluti.